DIRITTO MILITARE: IL DIRITTO DI DIFESA NEI PROCEDIMENTI DISCIPLINARI

Nella nostra Costituzione l’art. 24 comma 2, Cost. richiama il diritto di difesa in termini di “diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”. Tuttavia, tale garanzia risulta essere riferibile, per consolidata giurisprudenza costituzionale, soltanto ai procedimenti giurisdizionali; non potrebbe, quindi, essere invocata nell’ambito di un procedimento disciplinare, il quale, invece, ha mera natura amministrativa.

Per quanto riguarda il personale militare l’art. 1370 del Codice dell’Ordinamento Militare prevede che, per tutti i procedimenti disciplinari, ad eccezione di quelli di corpo instaurati per l’applicazione di una sanzione diversa dalla consegna di rigore, il militare inquisito sia assistito da un difensore (di fiducia o d’ufficio), scelto tra i militari in servizio, anche appartenenti ad altra #Forza Armata o Corpo Militare.

Nel caso in cui, invece, l’interessato non abbia provveduto alla nomina fiduciaria, sarà l’Amministrazione a nominargli un difensore d’ufficio, il quale non potrà rifiutare l’incarico, a meno che sussista un legittimo impedimento. L’inquisito, tuttavia, potrà revocare in ogni momento il difensore d’ufficio, optando per un patrocinatore di fiducia, che lo affiancherà per tutta la durata del procedimento disciplinare. Viene anche in soccorso l’art. 52 poiché “l’ordinamento delle Forze Armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”

È, dunque, esclusa per l’interessato la facoltà di nominare un avvocato quale difensore, come invece abbastanza recentemente introdotto per il procedimento disciplinare di stato. Infatti, al comma 3-bis del citato articolo 1370, c.o.m., prevede che il militare inquisito in aggiunta al Militare difensore di cui ai commi 2 e 3, può farsi assistere, a sue spese, anche da un avvocato del libero foro.

Questa interpretazione risulta coerente con quanto affermato sul punto dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte Cost., sent. n. 182/2008), secondo cui l’impossibilità di un professionista quale proprio difensore – nei procedimenti disciplinari di Corpo – non viola il diritto di difesa, né il principio di ragionevolezza. 

La nomina del difensore, qualunque sia la sua genesi, è poi soggetta al rispetto di alcuni limiti: il militare non può esercitare l’ufficio di difensore per più di sei volte in dodici mesi, inoltre, non potrà rivestire un grado superiore a quello del Presidente della Commissione di Disciplina, né trovarsi in una delle condizioni di incompatibilità previste dall’art. 1380, comma 3, C.O.M..

Infine, la mancata facoltà di nominare nei procedimento disciplinari di Corpo (sanzione di rigore) di un Avvocato è controbilanciata dal fatto che la legge consente al militare di partecipare personalmente al procedimento allo scopo di manifestare la propria versione, fornendo all’Autorità procedente tutti gli elementi ritenuti utili ai fini della decisione, così la giurisprudenza costituzionale nel 2008. 

Vero però che a distanza di oltre tre lustri dalla Sentenza dell’Alto Consesso ed alla luce della citata novella riguardante i procedimenti disciplinari di stato, il legislatore ben potrebbe estendere la presenza in aggiunta di un Avvocato anche nel procedimento disciplinare finalizzato alla eventuale irrogazione di consegna di rigore, a garanzia totalizzante.  Non si può non tenere conto – infatti – degli importanti riflessi di impiego e di carriera che il militare (in generale sullo stato giuridico dell’interessato) che il #militare subisce a seguito  dell’irrogazione di tali tipologie di sanzioni. 

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 Avv. Francesco Paolo MASTROVITO

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